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Mass media e non solo contro la violenza sulle donne: qualcosa si muove, ma bisogna passare dalle parole ai fatti

Quest’anno il 25 novembre, nella Giornata internazionale contro la violenza sulle donne, per la prima volta la Camera dei deputati ha ospitato, per iniziativa della Presidente Laura Boldrini, solo donne. Sugli scranni e nelle sale del palazzo sono 1.300: vittime di stupro, violenza domestica, tratta e stalking. Ma anche madri di ragazze e di bambini che non ci sono più e donne delle associazioni che si occupano di violenza, con esperte come Linda Laura Sabbadini.

Finalmente alcuni telegiornali hanno aperto con le notizie sul 25 novembre, il Presidente della Repubblica e quello del Consiglio ne parlano, a Roma NONUNADIMENO ha di nuovo portato in corteo una marea di donne, uomini, bambine e bambini. Vanno in onda spot per indurre le donne a denunciare i loro persecutori.

Eppure le cronache di questi giorni ci obbligano a porre molte domande.

Quello che si è mobilitato per il 25 novembre è lo stesso paese in cui a Firenze due studentesse americane sono sottoposte a lunghi interrogatori e, secondo gli avvocati difensori dei due carabinieri autori dei presunti stupri, avrebbero dovuto anche rispondere a domande che il giudice ha ritenuto inaccettabili?

Questa RAI che realizza a Porta a Porta la trasmissione sulla grave vicenda di Firenze è la stessa TV pubblica che nel 1979 ha prodotto il documentario Processo per stupro?

Aumenteranno le telefonate al 1522 e le denunce da parte di donne che vedono gli spot trasmessi in questi giorni, o le donne continueranno a tacere per il timore di essere sottoposte a martellanti e mortificanti interrogatori?

Le donne continueranno a essere invisibili, e a essere ignorate dai mezzi di informazione e comunicazione politica, con conseguente compressione dei loro diritti politici e civili? Oppure sarà finalmente rispettato, senza assurdi rimpalli di responsabilità, l’istituto della cosiddetta par condicio di genere, introdotto con la legge 215/2012, a modifica e integrazione della legge 28 del 2000?

E quali dovrebbero essere i compiti dei mass media in generale e del servizio pubblico radiotelevisivo e digitale, in particolare, nei confronti delle donne, e come renderli cogenti? Molte di queste domande dovrebbero trovare risposta nel contratto sugli obblighi del servizio pubblico radiotelevisivo e digitale, finanziato con il canone. Proprio in questi giorni è all’esame della Commissione parlamentare di Vigilanza Rai il Contratto 2018-2022, per la prima volta di durata quinquennale.

Come associazioni DonneinQuota e Rete per la Parità ci occupiamo da anni della rappresentazione delle donne nei media e, in particolare, del Contratto riguardante il servizio pubblico radiotelevisivo, perché siamo consapevoli che ancora, nonostante la diffusione dei social, la TV ha molta influenza sulla formazione di una cultura che rispetti la dignità delle donne e promuova il loro empowerment.

Senza dimenticare quanto l’immagine della donna influisca sulla loro autostima e sia uno dei fattori determinanti per la pienezza dei loro diritti e per la promozione delle pari opportunità e la lotta agli stereotipi e a tutte le forme di discriminazione basate sul sesso.

Per questi motivi, il 21 novembre abbiamo portato in audizione presso la Commissione parlamentare di Vigilanza Rai le nostre proposte di modifiche al Contratto.

Non è la prima volta: il Contratto vigente, approvato per il periodo 2010-2012 e ancora in fase di rinnovo, è stato il primo nella storia della Rai in cui sono state inserite disposizioni sull’immagine delle donne, grazie a tredici emendamenti proposti dalle donne.

Per la bozza del contratto 2013-2015, c’eravamo spinte ancora più in là, tanto da poter dichiarare che fosse la più avanzata dal punto di vista di genere. Purtroppo, quella bozza si è bloccata perché non è stata approvata dalla Rai.

Il nostro lavoro sul Contratto 2018-2022 è partito ben prima di ricevere, pochi giorni fa, la bozza dalla Commissione di Vigilanza: nel 2016 abbiamo seguito – anche se solo dall’esterno – la consultazione pubblica indetta dal MISE. Quest’anno, e più precisamente il 23 gennaio, abbiamo organizzato alla Camera dei deputati il convegno “CambieRai per non cambiare mai? Donne vere in tv” , di cui stiamo per pubblicare un e-book con gli atti.

Inoltre negli ultimi mesi abbiamo incontrato due volte il Sottosegretario al MISE Antonello Giacomelli, con il quale abbiamo avviato un confronto costruttivo, soprattutto per quanto riguarda la qualità del monitoraggio annuale della Rai e il rispetto della par condicio di genere.

Una volta ricevuta la bozza del contratto, è stato relativamente semplice preparare le nostre proposte, che abbiamo elaborato su vari livelli: ci siamo prima di tutto occupate del linguaggio, a partire da quello utilizzato nel Contratto, chiedendo di evitare l’uso del cosiddetto “maschile neutro”, inesistente nella nostra lingua, ma utilizzato normalmente, nonostante renda invisibili le donne. Abbiamo anche chiesto di inserire il richiamo all’Agenda Onu 2030 per lo sviluppo sostenibile che, tra l’altro, include tra i 17 obiettivi il 5, riguardante la parità di genere.

E abbiamo proposto disposizioni per garantire la qualità del monitoraggio annuale sulla figura femminile, chiedendo il coinvolgimento del Dipartimento per le Pari Opportunità della Presidenza del Consiglio, e, ciò che ci preme maggiormente, conseguenti azioni correttive sui palinsesti, mai esercitate.

Inoltre abbiamo chiesto la composizione paritaria donne-uomini delle varie commissioni, comitati, osservatori e strutture previsti dal Contratto, una maggiore attenzione allo sport femminile e al ruolo delle donne nella storia, con libero accesso alle Teche Rai, un bilancio non solo sociale ma anche di genere, il contrasto agli stereotipi di genere nella pubblicità e anche destinando una quota dei finanziamenti ad opere preposte a tale scopo e un percorso di formazione e sensibilizzazione di conduttrici e conduttori, dipendenti e collaboratrici e collaboratori Rai, su base obbligatoria annuale.

In ultimo, ma non meno importante, la par condicio di genere tutto l’anno, in tutti i programmi. Va, infatti, assicurato il rispetto delle disposizioni, che, in attuazione degli artt. 3, 21 e 51 Cost., hanno la finalità di garantire parità di accesso delle donne ai mezzi di informazione durante le competizioni elettorali, nella comunicazione politica e in generale la loro presenza nei mass media . Al riguardo permangono molti, gravi ostacoli, nonostante l’importanza vitale per la partecipazione democratica e la garanzia dei diritti fondamentali che assume la par condicio – tanto che la Consulta ha chiarito che la finalità perseguita dall’istituto non è tanto quella di assicurare ai partiti l’equa presenza nei media ma piuttosto di garantire il diritto alla completa e obiettiva informazione della cittadinanza. A oggi si sono faticosamente raggiunti alcuni risultati, ma non sufficienti: una Circolare (purtroppo non una delibera) dell’Autorità per le Garanzie nella Comunicazione del 15 gennaio 2013 e il recepimento del principio della par condicio di genere nei Regolamenti emanati dalla Commissione di vigilanza RAI e dall’AGCOM in occasione delle campagne elettorali.

Non abbiamo trascurato il ruolo dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni e abbiamo avuto la presenza al nostro Convegno di gennaio del suo Presidente Angelo Marcello Cardani e della dr.ssa Annalisa D’Orazio, capo Gabinetto del Presidente. E’ importante che, in occasione del 25 novembre, l’AGCOM abbia approvato la Raccomandazione sulla corretta rappresentazione dell’immagine della donna nei programmi di informazione e di intrattenimento (Delibera n° 442/17/CONS), che riguarda sia il servizio radiotelevisivo pubblico che gli altri mass media.

In altro ambito ma sempre nella stessa giornata, è importante che a Venezia, da parte di Cpo Fnsi, Cpo Usigrai e associazione GiULiA sia stato presentato il “Manifesto per il rispetto e la parità di genere nell’informazione. Contro ogni forma di violenza e discriminazione. Attraverso parole e immagini», completato dal manuale «Stop violenza: le parole per dirlo», di GiULiA Giornaliste Unite Libere Autonome. Le raccomandazioni dell’AGCOM saranno rispettate?

Giornaliste e giornalisti, a partire da quelli che lavorano in RAI, si adegueranno al Manifesto e al Manuale?

Sempre in questi giorni la Sottosegretaria Maria Elena Boschi con delega alle Pari Opportunità ha presentato, in ottemperanza alla Convenzione di Istanbul, il Piano strategico nazionale sulla violenza maschile contro le donne 2017-2020, frutto di un lungo lavoro della cabina di regia nazionale, che contiene sia indicazioni sulla responsabilità dei media in merito al fenomeno che sulla tutela delle donne che denunciano violenze.

Il Piano è articolato su tre assi: Prevenzione, Protezione e sostegno e Perseguire e punire. Per quanto riguarda la Prevenzione viene indicata tra le priorità: “la sensibilizzazione del settore privato e dei mass media sull’influenza della comunicazione e della pubblicità su temi quali stereotipi di genere e sessismo e sui loro effetti sulla fenomenologia della violenza maschile sulle donne”.

A questo proposito il MISE, in coordinamento con il Dipartimento per le pari opportunità., si fa garante dell’effettivo inserimento nel nuovo Contratto di servizio pubblico delle clausole di genere e s’impegna a favorire l’adozione di codici di autoregolamentazione rispetto all’emittenza radio televisiva privata.

Per ciò che concerne l’asse Perseguire e punire: “le donne che subiscono violenza hanno diritto a sentirsi tutelate e a ottenere giustizia dai tribunali il prima possibile, le situazioni di violenza vissute devono essere opportunamente investigate per evitare il protrarsi di ulteriori violenze, gli autori di violenza perseguiti e puniti secondo la legge. Le premesse per una svolta ci sono.

Da parte nostra continueremo a seguire con attenzione i passi successivi e a chiedere alle istituzioni, e alle persone che le rappresentano, il rispetto degli atti approvati, per rendere meno difficile e meno lungo il cammino delle donne verso l’uguaglianza sostanziale.

Donatella Martini DonneinQuota

Rosanna Oliva  Rete per la Parità

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