Donne in quota

 

PROSTITUZIONE E TRATTA IN ITALIA E IN EUROPA: PROPOSTE E MODELLI A CONFRONTO
19 ottobre 2015 • Orario: 9.30 - 17.00
Casa della Cultura di Milano, Via Borgogna 3

Programma del mattino: 9,30 - 13,00
introduce e modera Donatella Martini (DonneinQuota)
Intervengono:

• Marilisa D’Amico - Costituzionalista
Legge Merlin: 57 anni dopo, punti forti e debolezze


• Suor Claudia Biondi - Caritas
Prostituzione e tratta: due facce della stessa medaglia


• Maria Costa – L’esperienza del Centro Donna Cgil Milano
Molestie sessuali sul lavoro; Abusi e diritti negati: le lavoratrici agricole
• Elvira Reale - psicologa
la prostituzione come servitù sessuale: la più antica oppressione di genere
• Diana De Marchi - L’esperienza dell’ex Provincia di Milano
Lo zoning in Città, ne discutono:
Yuri Guaiana (consigliere radicale Consiglio di zona 2)
Rosaria Iardino (consigliera delegata P.O. Città Metropolitana)


Programma del pomeriggio: 14,00 - 17,00
introduce Tiziana Scalco (Cgil Milano)
Intervengono:
• Mary Honeyball (europarlamentare)
La Risoluzione europea
• Francesca Russo (Amnesty International)
La posizione di Amnesty
• Siusi Casaccia (Lobby Europea delle Donne)
La prostituzione in Europa
Tavola rotonda – Modera Rinaldo Gianola
Giovanna Martelli (Consigliera del Presidente del Consiglio per le Pari Opportunità)
Pina Maturani e Sergio Lo Giudice (Senatori del Partito Democratico)
Vera Lamonica (Segreteria nazionale CGIL)
Pietro Romano (Sindaco di Rho e Consigliere al bilancio della Città Metropolitana) Stefania Cantatore (UDI Unione Donne in Italia)
E’ stata invitata Sara Valmaggi, Vice Presidente del Consiglio di Regione Lombardia

Scarica la locandina dell'evento

 

Ed ecco qui di seguito il testo di un articolo di Lidia Baratta pubblicato il 20 Ottobre 2015 su www.l'inkiesta.it che riassume i tratti fondamentali del convegno.

Legalizzazione della prostituzione: le ragioni di chi dice no

Amnesty International ha proposto la depenalizzazione, in Parlamento in due anni si sono accumulate 16 proposte di legge. Ma i Paesi europei che hanno regolarizzato il lavoro sessuale, dicono molte associazioni, non hanno abolito la tratta

di Lidia Baratta

Si fa presto a dire legalizzazione della prostituzione. Gli storici movimenti che in Italia si occupano di diritti sono divisi. Da una parte c’è la proposta di depenalizzazione di Amnesty International, dall’altra il “no” di comitati e associazioni femminili e femministe che in occasione della Giornata europea contro la tratta di esseri umani, si sono raccolte nel convegno organizzato a Milano da “Donne in Quota ”. C’è chi la prostituzione vorrebbe legalizzarla, e chi mira ad abolirla del tutto. «Lo slogan femminista “il corpo e mio e lo gestisco io” implicava che la libertà sessuale era una condizione di soggetto attivo», diceDonatella Martini, presidente di “Donne in Quota”. «Il mestiere più vecchio del mondo in realtà è la discriminazione più antica del mondo. Nella società moderna, che ha come obiettivo la parità di genere, la prostituzione non può più essere considerata un istituto necessario al buon funzionamento della società».

Prostituzione legale o criminale

In Italia, solo tra il 2013 e il 2015, sono stati depositati in Parlamento 16 progetti di legge che mirano a regolarizzare la prostituzione. Ad aprile 2015, 70 parlamentari di diversi colori politici hanno presentato un manifesto per rivedere la legge Merlin, che negli anni Cinquanta portò alla chiusura dei bordelli. E la Lega Nord sta raccogliendo le firme per abrogare la stessa legge. Qualcosa si è mossa anche a livello locale: a Milano in consiglio comunale è stata depositata dai Radicali una mozione sulla “zonizzazione” (zoning) della prostituzione, cioè la destinazione di luoghi ad hoc della città in cui esercitarla, e il consiglio di zona 2 l’ha già approvata. Una proposta simile è arrivata dal nono municipio di Roma, mentre a Venezia questa formula si sta già attuando dal 1999.

“Il mestiere più vecchio del mondo in realtà è la discriminazione più antica del mondo. Nella società moderna, che ha come obiettivo la parità di genere, la prostituzione non può più essere considerata un istituto necessario al buon funzionamento della società”

Nel frattempo in Europa si stanno sperimentando modelli contrapposti. Germania e Olanda hanno scelto la via della legalizzazione. Svezia, Norvegia, Islanda e di recente la Francia hanno deciso invece di punire i clienti, considerando la prostituzione una forma di violenza sulle donne. «Germania e Olanda non hanno risolto il problema della tratta né intaccato il business degli sfruttatori, in quanto sono le organizzazioni criminali che forniscono la manodopera anche per la prostituzione legalizzata», spiega Donatella Martini. «La legge svedese ha avuto invece effetti positivi, e la prostituzione di strada è diminuita». Nella direzione del “modello nordico” va la cosiddetta Risoluzione Honeyballdella eurodeputata inglese Mary Honeyball, presente al convegno: “Se vogliamo vivere in un’Europa dove le donne hanno eguali diritti, dobbiamo lavorare per eliminare la prostituzione e creare una cultura in cui non sia permesso o accettabile acquistare il corpo di qualcun altro”.

D’altro canto, però, anche il modello “nordico”, che criminalizza i clienti, viene criticato. «Le sanzioni», ha spiegato Yuri Guaiana, consigliere di zona a Milano e primo firmatario della mozione sulla zonizzazione, «hanno spinto le prostitute ad andare in aree più nascoste e meno sicure della città, in cui le donne sono meno protette e hanno meno potere di contrattazione».

Nell’estate del 2015, Amnesty International ha approvato un testo in cui si schiera a favore della depenalizzazione della prostituzione sostenendo che «la criminalizzazione non fa altro che aumentare la discriminazione nei confronti di coloro che vendono sesso, mettendoli più a rischio di persecuzioni e violenze, inclusi gli abusi da parte della polizia», chiedendo quindi «la migliore tutela possibile dei diritti umani dei lavoratori e lavoratici del sesso». La stessa cosa che da anni chiede anche il Comitato per i diritti civili delle prostitute , guidato da Pia Covre.

Contro il testo di Amnesty si sono schierate però attrici come Meryl Streep e Kate Winslet, e in tanti hanno sottoscritto la contropetizione lanciata dalla Coalition Against Trafficking in Women International  per il ritiro della proposta.

“La criminalizzazione dei clienti però ha spinto le prostitute ad andare in aree più nascoste e meno sicure della città, in cui le donne sono meno protette e hanno meno potere di contrattazione”

Schiave contro “lavoratrici del sesso”

La distinzione che fa chi, come Amnesty International, mira alla depenalizzazione è tra sex worker, lavoratore del sesso, e vittima della tratta e dello sfruttamento sessuale. L’obiettivo della depenalizzazione è quello di legalizzare la prostituzione per combattere lo sfruttamento, garantendo i diritti di chi invece si prostituisce volontariamente. Che però, a guardare i numeri, rappresenta solo una piccola fetta delle prostitute.

In base ai dati disponibili, oltre il 90% delle prostitute dipende da un protettore. Solo in Italia, le donne vittima di tratta e sfruttamento sessuale sono circa 30mila (dati Caritas). I bambini sfruttati sessualmente superano i 5mila , di cui otto su dieci sono bambine. Molto spesso sfruttamento sessuale e immigrazione vanno a braccetto: l’80-85% delle vittime è composto da donne che provengono da Romania, Nigeria, Ucraina e Moldavia. A febbraio 2015, nel quartiere di Muggiano, a Milano, sono state liberate dalla polizia 30 prostitute romene tenute in gabbia dai loro magnaccia.

«Non solo le donne prostitute hanno un rischio del 13,5% in più di contrarre malattie sessualmente trasmissibili», dice Elvira Reale, psicologa dell’associazione “Salute Donna”. «Ma si registrano anche elevati tassi di disturbo post traumatico da stress e un rischio didepressione maggiore dell’80%. Anche nel caso di prostitute che lavorano indoor, non solo per strada. La prostituzione implica una relazione non paritaria in cui si impone la volontà maschile. San Tommaso parlava non a caso di “funzione cloacale”. Ci siamo battute per anni per la parità e l’uguaglianza, e adesso che facciamo? Legalizziamo tutto questo?».

Oltre il 90% delle prostitute dipende da un protettore. In Italia, in base ai dati forniti da Caritas, le donne vittima di tratta e sfruttamento sessuale sono circa 30mila. I bambini sfruttati sessualmente sono oltre 5mila , di cui otto su dieci sono bambine.

La petizione

In occasione del convegno organizzato da “Donne in Quota” è stata anche presentata una petizione in cui si chiede ai parlamentari di ritirare la proposta di legalizzazione della prostituzione, e di costituire una commissione per adeguare la legislazione italiana al modello nordico di criminalizzazione della prostituzione. Non solo, diverse associazioni, da Salute Donna all’Unione delle donne, hanno presentato alla procura di Milano una denuncia contro la proposta di zonizzazione dei Radicali, ipotizzando il reato di istigazione al favoreggiamento della prostituzione. «È vietato in base alla legge Merlin», dicono.

Fondi scarsi per le vittime della tratta

Resta però un fatto, condiviso sia da chi appoggia sia da chi non appoggia la legalizzazione: i fondi di assistenza, protezione e integrazione per le vittime di tratta che vogliano dire addio alla prostituzione e liberarsi dagli sfruttatori sono sempre pochi. L’articolo 18  del testo unico sull’immigrazione, che prevede la protezione degli immigrati vittime di sfruttamento, non sempre è finanziato adeguatamente. I progetti ammessi al finanziamento nel 2012 sono stati prorogati fino a giugno 2015. Dopodiché, non si sa più nulla. «Ma nei 600 milioni di euro destinati alla povertà inseriti nella legge di stabilità, una parte potrebbe essere destinata alle vittime di tratta e sfruttamento della prostituzione»,propone Rosaria Iardino, consigliera di Milano e consigliera delegata alle pari opportunità della Città metropolitana.

 

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