Donne in quota

One Billion Rising è una campagna ideata dall'autrice de "I monologhi della vagina", Eve Ensler, fondatrice del V-Day e grande sostenitrice della causa femminista per la lotta agli abusi.
L'obiettivo di questa campagna è quello di coinvolgere un miliardo di persone in tutto il mondo per manifestare contro la violenza: "Un miliardo di donne violate è un’atrocità, un miliardo di donne che ballano è una rivoluzione, un miliardo di donne che danzano scuoterà la Terra”. Una grande donna e un grande progetto.

Avanti così Eve, avanti così Donne!

 

Valmaggi (Pd):" Approdo del lungo cammino a fianco dei servizi e dei centri antiviolenza" Oggi il consiglio regionale ha approvato all'unanimità la legge di contrasto alla violenza sulle donne, elaborata, in quattro mesi di intenso impegno, da un gruppo di lavoro bipartisan. "La legge- spiega il vicepresidente del Consiglio regionale, una delle relatrici della legge, Sara Valmaggi- è il frutto di una buona mediazione fra i progetti di legge, presentati dal Pd, Sel, Pdl e uno di iniziativa popolare e ne accoglie in grande parte i contenuti. Questo risultato è stato reso possibile anche grazie alla mobilitazione delle promotrici del progetto di legge di iniziativa popolare".

Leggi tutto: REGIONE - LEGGE CONTRO LA VIOLENZA SULLE DONNE

Testo di Antonella Pastore illustrazione di Antonella Eberlin

 

arabe5 Realizzarsi nella società come donna significa individuare sia la propria personale identità sia rivendicare il proprio ruolo e i propri spazi. Purtroppo le donne italiane, ancora oggi, faticano ad ottenere un riconoscimento paritario sia in ambito politico che sociale, ma per le donne immigrate il compito è senz’altro più arduo. Tralasciando elementi essenziali per favorire l’inserimento sociale, quali: permesso di soggiorno, una sistemazione abitativa o un lavoro, alle donne straniere resta da affrontare un altro ostacolo ad una vera integrazione: la diversità culturale. Le donne immigrate nel nostro paese sono discriminate almeno per due aspetti: in quanto donne e in quanto immigrate, per questi motivi molti sociologi sostengono che la donna immigrata in Italia è doppiamente penalizzata. Queste donne spesso sembrano invisibili eppure sono portatrici di un tesoro di saperi e di competenze che faticano a svelare a causa di preconcetti; è importante sottolineare come i preconcetti siano sempre lesivi della dignità delle persone. Il rischio di esclusione delle donne immigrate è maggiore rispetto alle altre donne, poiché esse, per potersi effettivamente inserire nella società, devono superare anche ostacoli culturali propri della comunità autoctona e, talora, degli stessi gruppi etnici di appartenenza. Inoltre, la donna immigrata difficilmente dispone della rete familiare e/o amicale alla quale fare riferimento, specialmente nei momenti critici della sua esistenza e ciò crea situazioni di isolamento. La solitudine e l’isolamento spesso non consentono a queste donne di affrontare, senza conflitti, i problemi legati alla maternità e alla cura dei figli, proprio perché diventa difficile per loro conciliare i propri quadri di riferimento culturale: valori, norme, stili di vita con quelli della società ospitante. Prendiamo l'educazione dei figli all’estero, le donne migranti sono chiamate ad assolvere un difficile compito che risulta essere cruciale per il processo di integrazione dei migranti nella società. Esse si trovano a dover fronteggiare, spesso da sole, ad una serie di situazioni di incontro e confronto con persone ed istituzioni del paese di accoglienza che le costringono ad elaborare, più o meno volontariamente e consapevolmente, strategie di mediazione e dialogo tra diversità a loro sconosciute. Un esempio, di questa nuova condizione, è il momento dell’inserimento scolastico dei figli; la necessità per le madri immigrate di comprendere l’istituzione scolastica e preparare il figlio all’ingresso in essa, impone loro uno sforzo notevole di mediazione dovendo dimostrare disponibilità ad aprirsi a nuove forme d’istruzione spesso conoscendo poco la lingua italiana che invece i loro figli hanno già appreso, ciò crea situazioni paradossali, poiché le madri ricorrono alla mediazione linguistica e culturale dei figli durante i colloqui con i docenti ritrovandosi in questo caso in una situazione di doppia subalternità verso gli insegnanti e verso i figli, indebolendo così il loro ruolo di educatrici . Considerare prioritario, da parte delle istituzioni , aiutare le donne straniere a migliorare le conoscenze linguistiche permetterebbe di rafforzarne l’autostima, perché non deve essere sottovalutato l'importante e il delicato compito di mediatrici che le donne straniere svolgono nel contesto sociale. Stimolare occasioni di incontro, scambio e aggregazione, attivando una rete di auto-aiuto può rappresentare uno strumento per permettere a loro di partecipare ad attività al di fuori della loro comunità etnica, allo scopo di sviluppare una nuova coscienza culturale necessaria a favorire l'integrazione sociale. Se si considera che diffidenze e pregiudizi impediscono lo sviluppo di una società multietnica ed interculturale, si rende necessario considerare il fenomeno dell’immigrazione come uno stimolo e una risorsa per sviluppare la consapevolezza del patrimonio di civiltà e favorire l'incontro con altre culture e modelli di vita. L'associazione DonneInQuota desidera costruire una rete di donne che possa contemplare una visione sensibile alla diversità culturale per favorire e sostenere la diversità e la pluralità dell’universo femminile, perché le donne lo sanno che tra le donne c’è un legame che va al di là dell’appartenenza politica, della nazionalità o del credo religioso.

CONTRO LA VIOLENZA SULLE DONNE E IN RICORDO DI STEFANIA NOCE.

L'Associazione DonneInQuota, aderisce al presidio-fiaccolata convocato da SNOQ in

Piazza Mercanti - Milano, alle 18,30 giovedi 26 gennaio 2012.

marrazzo-638x425Intervista a Marrazzo di Valeria Palumbo Avete letto l’intervista a Pietro Marrazzo apparsa sulla Repubblica il 15 agosto 2011? Mi dispiace davvero che a firmarla sia una donna (fra l’altro tra le poche scelte a dirigere un quotidiano, l’Unità, e da poco estromessa). Concita De Gregorio non ha ritenuto necessario tornare sulle risposte maschiliste e irresponsabili di un signore che ha ingannato i suoi elettori, tradito i suoi doveri (un ruolo pubblico ci lega anche alla dignità, appunto, e alla non ricattabilità), rovinato la sua famiglia, mentito alla moglie. E soprattutto offeso le donne. Peccato. Perché le risposte di Marrazzo, che guidava, per la sinistra, una delle più importanti regioni italiani, svelano sia l’arretratezza di un “maschio” che invece dovrebbe avere idee progressiste. Sia quest’assurdo principio catto-ipocrita per cui la vergogna non è nel fare certe cose, ma nel lasciare che vengano scoperte. Mai visto uno che si pente prima di essere beccato e, con onestà, va davanti alle telecamere e dice ai suoi elettori: «Signori miei sto facendo cose che mettono a repentaglio l’affidabilità del mio lavoro e quindi me ne vado». Figurati: qui non si dimettono neanche se beccati con le mani nel sacco. E se si dimettono, riemergono dopo pochi mesi. In ogni caso, che cosa ha detto il pio Piero, che, subito dopo essere stato beccato con trans e cocaina, è corso a rifugiarsi in convento a Montecassino? (Perché prima, se era tanto stanco e confuso, non ci aveva pensato?). Ha detto: «Io non sono omosessuale. Non ne faccio un vanto, ma non lo sono. È così. Ho amato solo donne. Moltissimo, e con frequente reciprocità. Dai transessuali cercavo un sollievo legato alla loro femminilità. Il fatto che abbiano attributi maschili è irrilevante nel rapporto, almeno nel mio caso». La prima domanda è: che cambia? Nessuno, in teoria, gli ha mai contestato come colpa l’omosessualità, ma il consumo di sesso a pagamento e di droga. Ovvero due cose incompatibili con il suo ruolo pubblico. Pensa che la sua colpa sarebbe stata meno grave se fossero state prostitute donne? La pensa insomma come l’avvocato Ghedini e condivide la tesi dell’utilizzatore finale? E poi la risposta è piena di trappole: dice di avere amato solo donne. A rigore questo non ha nulla a che vedere con il sesso. E sono le inclinazioni sessuali, non l’amore, che definiscono se sei etero, bi o gay. Dopodiché dice, indirettamente, che non ha amato questi trans: e perché? Certo si trattava di rapporti prezzolati. Ma ancora una volta non viene fuori la singolare tendenza di questi cattolicissimi signori di scindere sesso e amore e di trovare dignitoso pagare qualcuno con cui fare sesso e poi disprezzarlo? Perché secondo lui una persona che garantisce una simile prassi: «suoni alla porta, e si apre. Poi riposi», non merita amore? Infine: cercava nei trans la femminilità. Che idea ha della femminilità un esponente della sinistra? Lo dice subito dopo: quella dei trans «è una presenza accogliente che non giudica. I transessuali sono donne all’ennesima potenza, esercitano una capacità di accudimento straordinaria. Mi sono avvicinato per questo a loro. È, tra i rapporti mercenari, la relazione più riposante». Se fossi nelle ex compagne (tutte, visto che dice di aver amato con “frequente reciprocità”...) del signor Piero mi indignerei soprattutto per questo. Se era stanco, se voleva essere “accolto”, perché non è andato prima in convento? Avere una donna che lavorava, una famiglia che lo impegnava e che, ebbene sì, lo stancava (come stancava sua moglie, che aveva pure lui come carico) era troppo per lui? E perché ha fatto figli? Perché si è sposato? Perché anziché una compagna ha preteso di trovare una mamma? Sembrerebbe che, non trovandola, si è rifugiato tra le braccia a pagamento dei trans. Questo è il solito equivoco: gli uomini sono così stupidi da credere che chi si prostituisce (di qualsiasi sesso sia) sia tenero per natura e non per contratto. Che inganno assurdo. Assurdo anche perché ritarda e nega ciò che la modernità dovrebbe aver reso evidente: la coppia e la famiglia sono un impegno serio, da dividere equamente, nel rispetto reciproco. Il compagno o la compagna non sono poltrone, materassi, pungiball né biberon. Sono persone. E chi non è in grado di affrontare, neanche in famiglia, un rapporto tra persone, come può credere di essere in grado di ricoprire un ruolo di responsabilità pubblica così alto? Da quell’intervista (che, sono pronta a giurare, è molto piaciuta alla Chiesa) viene fuori un uomo che offende le donne e la democrazia. Non solo una persona che “ha sbagliato”. Spero che dalla sua parte politica si levi qualche voce per prendere le distanze. Ps: trovo molto divertente che Marrazzo giudichi i trans più riposanti delle prostitute donne... fosse che sono le donne in sé, tutte le donne, a fargli paura? Be’ ha ragione: non abbiamo nessuna stima di uomini così.

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