Donne in quota

 

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AUDIZIONE IN COMMISSIONE PARI OPPORTUNITA' DEL COMUNE DI MILANO: 2 LUGLIO 2010                                                                                                                                                                                          DonneInQuota si occupa di pubblicità sessista fin dalla fine del 2008, nella convinzione che l’immagine della donna veicolata dai media, che lavorano su vecchi stereotipi, sia estremamente dannosa per la piena realizzazione della vita lavorativa e sociale delle donne. Inoltre, non siamo le uniche a sostenere (vedi intervento del Presidente della Repubblica Napolitano in occasione del rinnovo del contratto Rai) che la sovraesposizione di corpi nudi femminili presente nei media sia in parte responsabile della violenza contro le donne, che, ricordiamo, è la prima causa di morte tra le donne dai 16 ai 45 anni di età. Alle mie spalle, potete vedere le pubblicità contro cui abbiamo svolto la nostra azione: uno spot televisivo della Bialetti, i manifesti stradali della Relish, un altro spot televisivo, quello della Tim, la campagna pubblicitaria della Kraun, lo spot tv della Colombina De Longhi, e per ultimo, quello che viene chiamato viral marketing: fi.GA’, la bibita ai fiori di guaranà, che impazza nei bar dalla scorsa estate e che ora ha allargando i suoi tentacoli anche alla notte rosa di Riccione. E naturalmente la 3, la cui lettera è all’origine di questa audizione. Diversi sono stati gli esiti delle ns. lettere di protesta, alcuni insperati, altri “legali”, ma la ns. azione continua e raccoglie consensi. Dopo l’adesione della Consulta delle donne di Rozzano e di altre Associazioni e organismi alle ns. proteste – come vedete la lettera della 3 porta anche la loro firma, stiamo cercando l’adesione di tutti gli organismi simili dei comuni della provincia di Milano. In Italia non abbiamo una normativa nazionale ma l’argomento è molto sentito nel mondo femminile e parecchie associazioni si stanno muovendo sul territorio, come Anna Maria Spina di Udi vi racconterà nell’intervento che segue. All’estero invece la situazione è diversa. Vi leggo un estratto del libro uscito di recente di Caterina Soffici “Ma le donne no. Come si vive nel paese più maschilista d’Europa”. Quote “Un interessante rapporto dell’EASA, l’European Advertising Standards Alliance, del maggio del 2008 mette a confronto le diverse legislazioni e i regolamenti di autodisciplina pubblicitari in vigore in Europa con particolare riferimento al genere……. In Austria, oltre ad un organismo di autocontrollo, c’è una “Legge per il trattamento paritario” che stabilisce, tra le altre cose, che non si possono usare parti nude del corpo femminile per pubblicizzare prodotti che non siano direttamente correlati. In Belgio vigilano addirittura due autorità, una per la lingua francese e una per il fiammingo. La legge richiede una particolare attenzione ai messaggi dove si usa il corpo umano senza alcun legame oggettivo e soggettivo con il prodotto commercializzato. Lo stesso concetto appare nella legislazione ceca, in quella finlandese e in quella slovacca. In Francia si dedica un intero capitolo agli stereotipi sessuali, di genere e razziali e si scrive esplicitamente che la pubblicità non può ridurre la persona umana, e in particolare la donna, a un oggetto. Riferimento al genere fanno anche i codici di autocontrollo in Germania, Ungheria e Irlanda, mentre in Polonia e in Olanda si proibiscono in modo sommario discriminazioni tra uomo e donna nella rappresentazione commerciale del corpo umano. La legislazione più avanzata è quella svedese, dove si proibisce in maniera esplicita la visione vecchio stile dei ruoli sessuali e si condannano gli stereotipi. In Gran Bretagna ci sono ben 3 enti preposti al controllo preventivo dei messaggi: uno per la stampa, cinema, mail e media in generale, uno solo per la televisione e uno solo per la radio. Discorso a sé merita la Spagna. Qui la pubblicità sessista è illegale e la proibizione è inserita nella legge contro la violenza di genere. E’ la prima legge fatta approvare dal leader socialista Zapatero il 28 dicembre 2004. Si intitola “Misure di prevenzione contro le violenze di genere”. Vietare la pubblicità sessista come misura di prevenzione della violenza di genere è già di per sé un messaggio fortissimo, perché dà per scontato qualcosa che altrove stenta a essere riconosciuto. Si ammette la necessità di intervenire sull’immaginario proprio in uno dei luoghi dove prospera la cultura che genera violenza. Un quote A livello UE, è da tempo che si ragiona sull’impatto che il marketing e la pubblicità hanno sull’uguaglianza tra donne e uomini. Non per altro la mozione del Parlamento Europeo a cui noi facciamo riferimento nelle nostre lettere di protesta si chiama: “Motion for a European Parliament resolution on how marketing and advertising affect equality between women and men” (2008/2038 (INI)). Ciò premesso, chiediamo che il Comune: - applichi improrogabilmente la Risoluzione europea sopra citata negli spazi di sua proprietà - si doti di un codice etico che le concessionarie delle pubblicità devono firmare, pena la non concessione dello spazio pubblico Associazione DonneInQuota

tre

Dopo letto sul sito D I S .A M B. I G.U A N D O la risposta negativa dello I.A.P. (Istituto di Autodisciplina Pubblicitaria) alla denuncia della Prof.ssa Cosenza, abbiamo scritto allo IAP:

OGGETTO: “Abbonamenti Power. Chi puo’ farti parlare di piu’?”                                                                                                                                                                       Gentili signori, facciamo riferimento al Vs. parere a proposito del messaggio pubblicitario in oggetto della Societa’ H3G, dato in risposta ad una segnalazione della Prof.ssa Giovanna Cosenza dd. 05.05.2010. Premettiamo che non siamo nuove alle segnalazioni di pubblicita’ sessiste presso il Vs.Istituto e che siamo perfettamente d’accordo con la Prof.ssa Cosenza. In merito al Codice di Autodisciplina Pubblicitaria e alla sua “libera” interpretazione, vorremmo farVi notare che la pubblicita’ in oggetto – che abbiamo ripreso sopra solo in parte – viola non solo l’art. 10 ma anche i seguenti altri articoli: Art. 9 – Violenza, volgarità, indecenza La comunicazione commerciale non deve contenere affermazioni o rappresentazioni di violenza fisica o morale o tali che, secondo il gusto e la sensibilità dei consumatori, debbano ritenersi indecenti, volgari o ripugnanti. Noi riteniamo che questa comunicazione rappresenti una violenza morale, che può indurre anche alla violenza fisica. Ricordiamo a questo proposito sia la Risoluzione Europea del 3 settembre 2008 sugli stereotipi di genere, che le parole che il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha inviato alla Presidente del Comitato per le Pari Opportunità, Mirella Ferlazzo, in occasione del convegno "Donne in Tv e nei media: un nuovo corso per l'immagine femminile": Uno stile di comunicazione che offende le donne "nei media, nelle pubblicità, nel dibattito pubblico può offrire un contesto favorevole dove attecchiscono molestie sessuali, verbali e fisiche, se non veri e propri atti di violenza anche da parte di giovanissimi . Non intendo entrare nel merito degli strumenti pratici da voi proposti, ma è certamente importante che si ponga un argine a questo dilagare della tendenza alla sottovalutazione o all'aperto disprezzo della dignità femminile, educando fin dall'infanzia i giovani al rispetto delle donne, le ragazze a pretenderlo e ancor di più i ragazzi a esprimerlo”(Fonte Ansa, 15/04/2010). Art. 11 – Bambini e adolescenti Una cura particolare deve essere posta nei messaggi che si rivolgono ai bambini e agli adolescenti o che possono essere da loro ricevuti. Questi messaggi non devono contenere nulla che possa danneggiarli psichicamente, moralmente o fisicamente e non devono inoltre abusare della loro naturale credulità o mancanza di esperienza, o del loro senso di lealtà. Anche gli adolescenti e non solo, visto che oggi l’età dei consumatori di telefonia mobile scende sicuramente alla preadolescenza, sono consumatori del servizio e destinatari del messaggio ed essi non hanno gli stessi strumenti critici o di decodificazione del messaggio degli adulti. Come possiamo pensare che possono crescere, maschi e femmine, da pari e costruirsi una identità di genere pari se una è venduta un tanto al munito e l’altro no?. Dove sono i modelli di autorevolezza che le giovani generazioni devono avere e a cui fare riferimento? Inoltre ribadiamo, per quanto riguarda l’articolo 10, che ancora una volta il corpo delle donne viene messo in bella mostra per cercare di vendere altro. Non è la presenza delle modelle a determinare di per sè una lesione alla persona, ma la presenza delle modelle messe in esposizione al pari delle vetrine di Amsterdam e in abiti succinti, affiancate alla comunicazione di un prezzo al minuto. Ci domandiamo, qual’è il prodotto venduto? 29 euro al mese per 800 minuti, di quale servizio? L’ambiguità su cui è giocata questa pubblicità per un prodotto che è adatto sia agli uomini che alle donne, è mortificante e offensivo per le donne. Possibile che per i creativi non esista altro sistema di comunicazione che attraverso l’allusione sessuale? Al contrario di quanto enunciate nel Vs.parere, questa pubblicità contiene elementi visivi e verbali tali da veicolare una carica svilente dell’immagine della donna. La riteniamo offensiva, perché associa l’immagine della donna ad un “servizio” da vendere al minuto. Ci meravigliamo inoltre che la Societa’ H3G Italia, che vuole adottare un modello di comportamento idoneo alla responsabilità Sociale (C.S.R.) attento quindi ai propri stakeholder con i quali si è impegnata a migliorare continuamente le relazioni e che a tal fine si e’ dotata di un Codice Etico (nell’articolo 9, secondo comma, ultimo punto viene citata l’attenzione alla comunicazione pubblicitaria che deve essere veritiera), possa poi veicolare un messaggio del genere. Pertanto Vi chiediamo fermamente, di riconsiderare le vostre posizioni in merito e invitiamo la Società H3G Italia di rivedere la propria comunicazione pubblicitaria presente e futura.                                                                                                                              La nostra lettera è firmata da:                                                                                                                                                                                                            Consulta delle donne di Rozzano                                                                                                                                                                                                         Commissione Pari Opportunità di Abbiategrasso                                                                                                                                                                                        Associazione Filo di Arianna                                                                                                                                                                                                                     Centro Donna di Rozzano 

 
   

BONINO/COMITATO PARI O DISPARE: BENE APPROVAZIONE EMENDAMENTO SU OSSERVATORIO DONNE                                                                                                                            Roma, 18 maggio '10                                                                                                                                                                                                                              Comunicato di Emma Bonino e del Comitato "Pari o dispare" : Accogliamo con soddisfazione la notizia dell'approvazione dell'emendamento al contratto di servizio Rai per l'istituzione di un Osservatorio indipendente contro gli stereotipi di genere, intanto nel servizio pubblico radiotelevisivo. Proprio questa mattina Emma Bonino e "Pari o dispare", insieme a diversi parlamentari tra cui tra cui Marco Beltrandi (Radicali PD), Francesca Marinaro (PD), Maria Ida Germontani (PDL), Vittoria Franco (PD), Giovanna Melandri (PD), avevano auspicato l'inserimento di tale emendamento nel contratto di servizio, che raccoglieva le istanze di numerose donne dell'associazionismo al femminile come Gabriella Cims (appello donne e media) e Pina Nuzzo (UDI), nonché di personalità del mondo della cultura e dell'informazione, tra cui Tiziana Ferrario, Myrta Merlino, Miriam Mafai, Mimosa Martini, Lorella Zanardo. L'emendamento ha trovato ampio sostegno bipartisan con le firme di oltre 70 parlamentari. Negli scorsi giorni l'appello di "Pari o dispare" (www.pariodispare.org) era stato sottoscritto su Facebook e sui siti da oltre 1200 persone e diverse personalità tra cui Bianca Berlinguer, Sofia Ventura, Caterina Soffici, Cristina Sivieri Tagliabue, la Presidente di "Un Ponte Per..." Loretta Mussi, Francesca Santoro del CNEL. Quello di oggi è un primo passo, fino a poco tempo fa inimmaginabile, per impostare una nuova rappresentazione delle donne in tv e nei media e monitorare una corretta immagine del femminile che risponda veramente alla realtà delle donne in Italia. Compito dell'Osservatorio, che noi siamo pronte a fare subito, non sarà di censurare ma di promuovere anche tra i giovani una più consapevole ed equilibrata cultura e rappresentazione di genere.

Rilanciamo qui il dibattito che è partito dal sito Comunicazioni di genere a proposito del programma televisivo la Pupa e il Secchione, in cui tra le risposte c'è anche quella di Simona Ercolani capo progetto della Pupa e il Secchione, che porta la sua debole difesa verso il programma. Le redattrici del sito invitano all'invio di mail alla redazione del programma per far sapere cosa ne pensiamo. L'informazione è girata anche sul Social Network Facebook. La bozza di lettera proposta è: Gentile redazione, il programma “La pupa e il secchione” svilisce le persone: uomini e donne. Lo stereotipo della donna pupa e dell’uomo secchione (e che viene umiliato dalla donna in questione) è vergognoso e appiattisce la molteplicità delle persone. E’ vergognoso perché incita uomini e donne a svilire il proprio pensiero in ragione di un’apparenza che sembra pagare maggiormente ed è vergognoso perché fa sembrare uomini e donne degli animali, raggiungendo il grado zero della relazione. E’ questo l’esempio che la nostra televisione vuole dare? Non ci fate una bella figura come emittente e come azienda televisiva. E se fino ad oggi in molti hanno subito in silenzio, ora siamo consapevoli che con il passaparola possiamo fare emergere anche un pensiero alternativo. Riflettete sulle parole del Presidente Napolitano: “Uno stile di comunicazione che offende le donne “nei media, nelle pubblicità, nel dibattito pubblico può offrire un contesto favorevole dove attecchiscono molestie sessuali, verbali e fisiche, se non veri e propri atti di violenza anche da parte di giovanissimi” (fonte Ansa). In fede http://www.tv.mediaset.it/italia1/form/form_2.shtml pare però che il sito sia già andato in tilt.

gmmp 

 

E' stato pubblicato il Rapporto GMMP Italia tradotto in italiano! A titolo informativo, vi comunichiamo che lo è stato inviato anche al Centro Studi Istituzioni della Camera dei Deputati, che l'hanno richiesto. Può essere trovato a questo indirizzo internet: http://www.osservatorio.it/cont/gmmp/cont_gmmp4.php(è l'ultimo file dell'elenco).

Buona lettura

 

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